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Baiani e Baianità
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I “Soteropolitani” (dalle parole greche Soter, salvatore e Polis, città: abitanti della città del Salvatore) come amano chiamarsi i baiani con un po’ di civetteria, sono fisicamente il risultato dell’incrocio durato 400 anni tra portoghesi, africani e indios. La “Baianità” ha dato vita a un “brodo culturale” dalle caratteristiche decisamente originali.
È qui che si è maturata un’esperienza e una sensibilità nuova nel delicato e complesso campo dei rapporti tra razze diverse, tra negri e bianchi, tra bianchi e indios, tra mulatti, meticci e bianchi.
Il baiano attraverso un mescolio secolare non è più un bianco, non è più un negro, non è più un indio, è un mulatto culturale e fisico, dalle mille sfumature di colore ma ognuno con un grande spirito di allegria, di libertà, di tolleranza, con una forte voglia di vivere e una notevole resistenza di fronte alle difficoltà della vita, che spesso sono qui molto forti.
Tutti hanno contribuito ad arricchire questo fenomeno di sincretismo: con la danza, con la religione e con la musica. La fusione di questi elementi ha dato un grande apporto per diminuire la discriminazione, il razzismo e i preconcetti, specialmente contro i negri. C’è chi come il grande sociologo Gilberto Freyre con il suo celebre saggio “Casa Grande e Senzala”, ha costruito la tesi del Brasile paese di “democrazia razziale”. Tesi che viene respinta con forza dai radicali, e non solo da loro, dai movimenti negri che denunciano il razzismo esistente in Brasile e anche a Bahia.
Certamente quasi quattro secoli di schiavitù hanno lasciato tracce profonde, anche in una città a maggioranza nera come Salvador. Per quattrocento anni i baiani hanno comprato, venduto, tenuto ed utilizzato come forza lavoro milioni di schiavi negri considerati semplicemente una merce. Il tutto nel rispetto delle leggi e della morale corrente, con la benedizione delle gerarchie religiose che hanno dibattuto a lungo se i negri e gli indios avessero o no un’anima. Una tragedia che accende tuttora violente polemiche sulle responsabilità e su cosa fare per eliminare le pesanti eredità sulla società baiana. Spesso sulle inserzioni di offerte di lavoro appare la richiesta di “Boa Aparência” che, in pratica, vuole dire che chi si presenta deve essere bianco.
Difficilmente troverete un bianco che ammetterà pubblicamente di non amare i negri o i mulatti. Poi se entrerete in confidenza con qualcuno di loro, vi sciorinerà pesanti barzellette sui negri, come ad esempio: perché una zingara non può leggere la mano ad un negro? Perché il negro non ha futuro!
Sulla carta si è tentato di rispondere con forza e impegno alla domanda di uguaglianza razziale: la Costituzione approvata nel 1988 dopo la fine del “regime del 1964” ha bollato come crimine gravissimo qualunque manifestazione di razzismo.
Ma a Bahia c’è davvero razzismo? Certamente sì, come in quasi tutto il mondo. Ma bisogna subito dopo aggiungere che questa è la città nel mondo dove, pur convivendo razze e colori di pelle molto diverse, esistono meno tensioni, intolleranze e discriminazioni. Anche per questo Bahia è un laboratorio di importanza mondiale. Un luogo dove in ogni minuto si sperimenta la possibilità di convivenza.
Il razzismo baiano è di un tipo particolare: un razzismo che è nella sostanza classismo. Un negro è discriminato non per il colore della sua pelle ma perché è povero e quindi con poca cultura ed educazione. Appena migliora la sua condizione economica e culturale si inserisce senza problemi nel mondo dei bianchi. Esiste una storiella che dà un po’ il senso di questo fenomeno. Un negro si lamenta con Pelè, ricco e famoso calciatore, poi anche ministro, delle difficoltà dei negri. Pelè riflette e poi gli risponde: “Hai ragione, anch’io sono stato negro”.
A Bahia vi colpirà il fatto che più costosi sono i ristoranti meno sono i clienti negri e i mulatti. Razzismo come in tante parti del mondo? No. Semplicemente i negri e mulatti occupano le posizioni più basse nella scala del reddito e della condizione sociale e non sono in grado di frequentare quei locali.
Accanto a questi dati negativi vi sono realtà che dicono come il laboratorio razziale e culturale di Bahia non sia una invenzione di inguaribili ottimisti, o peggio di bugiardi impudenti. Nei quartieri popolari e tra la piccola borghesia vivono in piena armonia gente dai colori più diversi. Tra queste persone il colore non è più un problema, né un valore. Giovani dalle mille sfumature di pelle si frequentano, si amano, fanno figli che saranno a loro volta dalle mille sfumature di colori.
Questi sono i baiani, risultato di un secolare processo di miscuglio di razze, di genti e di culture. Muovetevi senza problemi in questo mondo, senza preoccupazione alcuna per il colore dell’amicizia scelta, né per quello della vostra pelle.
Questi sono i baiani e la loro “baianità”.
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