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Scoperta e fondazione
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Ai portoghesi è necessario un secolo di sforzi e di tentativi per circumnavigare l’Africa e arrivare all’Oriente da cui provenivano le tanto preziose spezie. Finalmente nel 1498 Vasco de Gama riesce ad approdare a Calicut da cui riporta un carico favoloso di pepe, zenzero, cannella e garofano, la stessa quantità che i mercanti italiani ottenevano in un anno dai porti del Medio Oriente.
I portoghesi organizzano subito una nuova squadra navale sotto la guida di Pedro Alvares Cabral e ripartono verso la favolosa India ma devono fare i conti con i capricci dei venti dell’Atlantico che invece di guidarli oltre il Capo di Buona Speranza in Africa, li fanno imbattere ad occidente in una terra sconosciuta che sarà poi chiamata Brasile. Una spedizione nell’anno successivo porta i portoghesi a scoprire una grande baia che l’italiano Amerigo Vespucci chiama “Bahia de Todos os Santos”: è infatti il primo di novembre del 1501, giorno dedicato nel calendario cattolico a tutti i santi. Per alcuni decenni i Lusitani trascurano la scoperta, perché qui non vi sono né oro né argento come nelle terre scoperte dagli spagnoli. C’è solamente il Pau-Brazil, un albero utilizzato nella tintura delle stoffe, che per alcuni anni resta la principale risorsa di queste terre. Dopo alcuni tentativi di colonizzazione dagli scarsi risultati, la corona portoghese organizza una grande spedizione che, alla guida di Tomé de Souza, fonda il 20 marzo 1549 una città che verrà chiamata São Salvador de Bahia de Todos os Santos. La città all’inizio ha una vita grama, e serve principalmente per allontanare il pericolo di occupazione da parte di altri europei, i francesi principalmente.
Ma se le terre attorno a Bahia non posseggono i tanto agognati giacimenti di minerali preziosi, hanno un ottimo terreno, condizioni climatiche e grandi spazi adatti alla coltivazione di una canna da cui si ricava lo zucchero. I portoghesi hanno appreso dai tempi dell’occupazione araba della Sicilia, la tecnica di produzione di questo prezioso bene e già da tempo coltivano la canna nelle isole Azzorre e a Madeira. Lo zucchero per poter essere prodotto ha bisogno di molta mano d’opera e il piccolo Portogallo ha una popolazione modesta e poco disponibile a sottoporsi al duro ed economicamente poco vantaggioso lavoro nelle piantagioni di canna. Né lo sono in Brasile le popolazioni indigene, gli Indios, che non sopportano le dure regole del lavoro e sono vittime di periodiche e devastanti epidemie provocate dalle malattie importate dai portoghesi. Ecco allora che compaiono i negri dell’Africa, forti e robusti, originari di terre dal clima simile, facilmente acquistabili come schiavi dall’altra parte dell’Atlantico. Dall’incontro di questi due fattori nasce la realtà sociale ed economica che durerà per secoli: la produzione di zucchero in grandi piantagioni ottenuta con gli schiavi negri. Lo stesso commercio degli schiavi tra il Brasile e l’Africa darà grandi guadagni per quasi quattro secoli.
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