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Il Candomblé, la fede africana di Bahia
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Quando si parla nelle guide sul Brasile del Candomblé la difficoltà di rappresentare con un minimo di capacità di penetrazione questo fenomeno complesso è evidente.
Si oscilla da una visione del Candomblé come un fenomeno di folklore quasi possibile tema di rappresentazioni teatrali o di spettacolo per turisti come avviene per la Capoeira o il Ballo del Maculelé, ad una rappresentazione misteriosa, al limite della stregoneria o della magia nera.
Ma avere un minimo di conoscenza del Candomblé è essenziale per poter comprendere Bahia, la sua cultura e la sua gente. Il Candomblé è una religione. Tenendo presente questo elemento sarà più facile capirlo. Prima di tutto occorre sapere da dove viene. Il Candomblé è la religione portata dall’Africa in Brasile e a Bahia nei tre secoli e mezzo durante i quali si sviluppò il traffico degli schiavi.
Tra i negri catturati e portati in Brasile, vi era ogni categoria di uomini e quindi anche sacerdoti. Una volta arrivati in Brasile agli schiavi veniva dato un battesimo molto formale dopo il quale erano praticamente lasciati a sé stessi. A Bahia, a differenza di altre paesi delle Americhe dove furono deportati, i negri furono capaci di mantenere la loro religione. Di nascosto, usando l’artifizio di affiancare a ogni loro divinità un santo o una divinità cattolica (Oxalá-Gesù Bambino, in genere Senhor do Bonfim; Ogun-S. Antonio e via così) riuscirono a continuare a praticare le loro credenze originali. Nacque e si sviluppò così un fenomeno di sincretismo religioso tra la religione animista africana e il cattolicesimo.
Un grande studioso francese per decenni ha studiato le religioni afro-bahiane e ha compiuto laboriosi studi nelle aree geografiche di origine degli schiavi. Così Pier Verger, in alcuni suoi celebri saggi ha potuto dimostrare come a tutt’oggi in alcune regioni della Nigeria, del Benin e del Togo vi siano popolazioni che venerano divinità che sono più o meno le stesse che si adorano nei “Terreiros” del Candomblé baiani.
I “Terreiros” (spiazzi, terreni davanti o dietro alla case) costituiscono i luoghi in cui sono praticate le cerimonie di questa religione.
Vi sono vari tipi di Candomblé. Questo tipo di religione africana si è diffuso in tutto il Brasile mescolandosi anche con credenze diverse comprese quelle degli Indios, e hanno dato origine a tipi di cerimonie afro-brasiliane dai nomi, dai contenuti e dalle forme più diverse. Vi è una religione di origine africana che è praticata a Rio ed è la cosiddetta “Macumba”. Vi sono in altre parti del Brasile riti che sono l’incontro tra questa religione africana e la religiosità indigena e che hanno dato origine al “Candomblé del Caboclo”. Il Caboclo è il meticcio tipico del Nordest del Brasile nato dall’incrocio tra portoghesi e indios. In una terra ricca di sincretismo religioso come il Brasile la religione del Candomblé, incontrandosi con lo spiritismo ottocentesco e lo spiritualismo, ha dato origine a un’altra forma di religiosità estremamente diffusa con 50.000 templi in tutto il Brasile, conosciuta con il nome di “Umbanda”.
Ma è a Bahia, dove la stragrande maggioranza della popolazione è nera, che le religioni portate dagli schiavi hanno mantenuto la loro forza e la loro purezza. Gli africani trasportati a Bahia venivano dal Golfo di Guinea, dal Congo, dall’Angola e dal Mozambico. Ossia da aree dove abitano due gruppi etnici molto differenti tra loro per cultura, sviluppo civile e religioso. Nel Golfo di Guinea vi sono popolazioni di origine sudanese mentre gli angolani, i congolesi i mozambicani appartengono all’etnia dei Bantù. Col tempo, però, tra queste popolazioni diverse si è affermata la religiosità, la lingua, la ritualità sudanese degli Yoruba che abitavano la Nigeria occidentale, il Togo e il Benin.
Certo vi sono ancora dei “Terreiros” con altri riti, ma la religione del Candomblé bahiano più pura e tradizionale si fonda sulla religiosità del popolo Ioruba la cui lingua è ora studiata e insegnata in alcune università brasiliane.
Per secoli i negri brasiliani hanno praticato due religioni. Ufficialmente quella dei loro padroni bianchi, in segreto hanno continuato a praticare la loro antica religione animista. Per lunghi anni i bianchi hanno guardato ai loro riti religiosi con disprezzo e avversione, alternando tolleranza, apatia, silenzio e fino agli anni Sessanta, accanite persecuzioni contro le manifestazioni esterne del Candomblé. Per secoli i bianchi hanno considerato la religione dei loro servi e dei loro schiavi come espressioni di magia nera di cui avevano curiosità ma quasi sempre paura.
È solamente nei primi decenni di questo secolo che studiosi, antropologi, scienziati, intellettuali e scrittori si sono cimentati con lo studio e l’esame di questo immenso patrimonio religioso e culturale che per secoli la pazienza e la tenacia degli antichi schiavi avevano continuato a mantenere vivo.
Nomi grandi come l’antropologo Nina Rodriguez, lo scrittore Jorge Amado e uomini di cultura come il francese Pier Verger hanno per anni studiato e spiegato all’altro Brasile, a quello del Cattolicesimo e della cultura bianca l’esistenza profondamente radicata nella coscienza della popolazione di colore della cultura afro-bahiana. Si studia anche quanto della stessa cultura dei bianchi abbia avuto origine dalla cultura negra e dal Candomblé che la esprime. Si pensi solamente ad alcuni cibi, l’Acarajé e l’Abará che sono ormai patrimonio della cucina di tutti i baiani e che hanno un’origine di carattere religioso, essendo piatti che venivano preparati per alcune divinità africane. È così che il Brasile bianco sta scoprendo la religione del Candomblé con i contenuti, i suoi rituali, che sono sempre trasmessi oralmente. Per secoli i negri hanno insegnato ad altri negri tutto il profondo e complesso contenuto della religione del Candomblé.
Per poter avere un approccio su che cosa sia il Candomblé bisogna pensare alla religione greco-romana. Tra quest’ultima e il Candomblè vi sono forti analogie: vi è una infinità di divinità o “Orixás” che sono anche la personificazione di forze della natura o che in origine erano persone fisiche divinizzate col tempo. Abbiamo una vera e propria mitologia nel Candomblé con amori, guerre, odi e passioni dei vari dei, dei vari Orixás, come era nella antica religione greco-romana. Abbiamo un rituale e l’offerta, come avveniva nella religione greco-romana, di cibo e di oggetti. Nelle feste, c’è l’uccisione di animali che tanto spavento suscitano in molti che si avvicinano al Candomblé. Questi stessi sacrifici in onore degli Dei venivano praticati nella religione greco-romana e come in questa anche nel Candomblé parte di questi animali offerti alla divinità viene depositata accanto agli altari mentre l’altra parte è consumata dai partecipanti alle cerimonie.
C’è peraltro un aspetto molto specifico del Candomblé: la possessione o il trance. Ogni persona ha la sua divinità o “Orixá”, una specie di angelo protettore o custode con le sue caratteristiche e la sua personalità. Attraverso la lettura delle conchiglie fatta da una “Mãe-de-Santo” ciascuno scopre a quale Orixá egli appartiene. Chi ha ricevuto un’iniziazione religiosa, come le “Filhas-de-Santo”, nella casa del Candomblé, instaura un rapporto di culto molto forte e diventa lo strumento con il quale l’Orixá-divinità si manifesta durante le cerimonie religiose. È questo uno degli elementi più rilevanti del Candomblé: la “possessione” ovvero la discesa dei vari Orixás nelle loro adepte con fenomeni di trance collettivo.
Vi è nel Candomblé una struttura di uomini e di donne che svolgono una funzione religiosa. Accanto ad essi c’è un gruppo di persone con una funzione laica in quanto si occupano degli aspetti organizzativi della comunità religiosa che è una casa di Candomblé. Ogni “Terreiro de Candomblé” è un vero e proprio gruppo religioso indipendente ed autonomo da tutti gli altri con una propria guida e una specifica gerarchia religiosa. Se a dirigere spiritualmente è una donna come avviene nella maggioranza dei casi, si chiama “Mãe-de-Santo” o Ialorixá in Ioruba. Se invece la figura è un uomo “Pae-de-Santo”, Babalorixá in Yorubá. Altre figure di rilievo sono le iniziate, ovvero le “Filhas de Santos”, il cui numero varia a seconda della notorietà del Terreiro e della sua guida spirituale.
Il numero di questi Terreiros si stima in tre, quattromila. Vanno da quelli più famosi di cui si parla anche in questa guida, ricchi di centinaia di iniziati e fedeli, a quelli più piccoli costituiti da una semplice “Mãe-de-Santo” e da qualche familiare. Questi Terreiros si trovano non solamente a Salvador ma in tutto il territorio della baia e dello Stato di Bahia. Cerchiamo ora di offrire un minimo di chiave di lettura delle cerimonie che hanno una grande bellezza ma che, per poterne apprezzare il ricco significato, devono essere anche superficialmente spiegate.
I “Terreiros” dove vengono praticati i riti del Candomblé sono in genere dei terreni molto ricchi di vegetazione e di alberi. Si trovano in generale in luoghi un po’ appartati, un tempo erano molto lontani dalle zone abitate per motivi di segretezza, o anche perché il rumore del suono dei tamburi avrebbe potuto disturbare o intimorire i bianchi. La grande espansione urbanistica della città ha fatto sì che questo elemento venisse meno: oggi due dei più famosi “Terreiros” di Bahia, quello di “Casa Branca” e quello di “Gantois” si trovano in zone densamente popolate, addirittura a pochi minuti di macchina dai grandi alberghi che accolgono i turisti.
Il Terreiro è uno spazio recintato con grandi alberi che spesso hanno un valore religioso ed è costellato di varie costruzioni. Ci sono le casette con gli altari degli Orixás con le offerte, i segni, i paramenti, tipici di queste divinità. Ma la costruzione principale è il Pegì, il santuario, sopra il quale vengono sacrificati gli animali e sono deposte le offerte nelle cerimonie rituali alla divinità Orixá alla quale è dedicato il Terreiro. Altra costruzione di grande importanza dentro un Terreiro di Candomblé è quella che viene chiamata il “Barracão”. Dentro questo edificio si svolge la maggior parte delle cerimonie religiose. Si tenga presente che si tratta di edifici molto semplici, ma i materiali con cui vengono costruiti hanno anche essi un valore ed un significato religioso.
Il “Barracão” è una grande sala con una sua precisa organizzazione interna: lo spazio dell’orchestra che suonerà i tamburi durante le cerimonie, quello per le poltrone dove si siederà la Mãe-de-Santo o il Pae-de-Santo e quella della Mãe-Pequena che è l’assistente principale della Mãe-de-Santo nella gestione dei riti religiosi e anche della vita del Candomblé. Vi sono inoltre spazi e sedie che non potranno mai essere occupati da altri poiché sono riservati a personalità di rilievo sotto l’aspetto religioso o destinati a quanti hanno importanza nella organizzazione civile del “Terreiro”.
Vi sono inoltre zone riservate ai visitatori, divisi per sesso, una regola che tutti devono naturalmente rispettare.
Molte volte accanto al “Barracão” vi sono altri locali, camere da letto, cucine, ambienti dove le novizie svolgono il loro apprendistato prima di essere iniziate e diventare Filhas-de-Santo e di intraprendere così il lungo cammino che le porterà poi all’atto finale: diventare esse stesse Mãe-de-Santo.
Al contrario di quello che una cattiva informazione ha diffuso il visitatore di un Terreiro di Candomblé non è male accolto, anzi al contrario: condizione essenziale è che egli rispetti un minimo di regole. Come d’altra parte si richiede in qualunque altro luogo religioso del mondo. La prima regola è quella dell’abbigliamento che deve essere adeguato ad un luogo di religione tenendo conto di alcune specificità del Candomblé. In primo luogo occorre tener presente che non ci si può assolutamente vestire di nero. Logicamente sono esclusi pantaloni corti, bermuda: bisogna indossare abiti lunghi e pantaloni. È necessario in buona sostanza avere un aspetto presentabile e civile.
Non indossate cappelli. Data l’alta temperatura che in genere si sviluppa nel “Barracão” durante i riti nessuno vi contesterà l’uso di sandali e di camicie a maniche corte.
Una volta entrati nel Barracão per assistere ad una cerimonia sarete accompagnati da un’Ogã, ovvero un assistente civile del “Terreiro”, al vostro posto. Una cosa da tenere presente è di non sostare di fronte alla porta d’ingresso che è luogo di passaggio degli spiriti e dei fluidi sacri della religione del Candomblé. Per facilitare la vostra partecipazione al rito è bene alzarsi in piedi quando si svolgono i momenti centrali della funzione, quando ad esempio rientrano le Filhas de Santo vestite con gli abiti delle divinità che sono discese in loro, o quando entra la Mãe-de-Santo o il Pae-de-Santo, ma basterà seguire il comportamento degli altri. Non abbiate alcun timore quando, nello svolgimento della cerimonia, le Filhas de Santo cadute in trance cominceranno a girare abbracciando e stringendo dolcemente i visitatori che ricambieranno l’abbraccio. Si tratta di una forma di omaggio, di benedizione religiosa, praticatelo anche voi. Non vi è alcun pericolo ed è solo un momento di grande dolcezza.
Logicamente quando ne avrete voglia potrete uscire liberamente dal “Barracão”: nessuno si offenderà.
In alcune cerimonie può darsi che vi venga offerto del cibo rituale, non abbiate paura di mangiarlo, può darsi che non vi piaccia ma esso è sano e pulito e non vi potrà arrecare danno. Nessuno si dispiacerà se, con un gesto educato, rifiuterete.
Nessuno è obbligato a dare denaro: nel Candomblé non si paga. Se vorrete, potrete lasciare un’offerta depositandola vicino ai suonatori di tamburi.
La comunità, il gruppo religioso del Candomblé ha una autorità suprema: la Mãe-de-Santo o il Pai-de-Santo. Tutta la vita religiosa, le feste, le cerimonie si svolgono sotto la loro direzione. Alla Mãe-de-Santo o al Pai-de-Santo devono obbedienza tutti, a loro spetta l’ultima parola sia nelle questioni religiose che in quelle amministrative o organizzative. La scelta della guida di un Terreiro è particolarmente complessa. Non vi è ereditarietà nella suprema carica del Candomblé, anche se spesso avviene che i figli o parenti ereditino la carica. Alla morte della Mãe o Pai-de-Santo vi sono complessi riti e attraverso un gioco di divinazione viene scelta la nuova grande sacerdotessa o il grande sacerdote che dureranno in carica tutta la vita. Abbiamo avuto esempi nel Candomblé bahiano di Mãe-de-Santo che hanno governato “Terreiros” per 60 e più anni acquisendo grande prestigio. Ma la gerarchia religiosa del Candomblé è ricca e articolata, profondamente rispettata e fonte di un cerimoniale complesso.
Vi sono una serie di cariche e di figure importanti. La più importante subito dopo la Mai-de-Santo o il Pai-de-Santo è la Mãe Pequena, in pratica una vice che la sostituisce in ruoli importanti nei riti religiosi. Vi sono poi le “Dagas” che sono figlie di santo con grande anzianità di iniziazione. Un altro importante ruolo viene svolto dalla “Ia-Moros” anche nei servizi religiosi. Si arriva quindi alle figlie del Santo che si chiamano “Ebomin” e che hanno una anzianità di iniziazione di più di sette anni. Quando il periodo è inferiore ai sette anni si chiamano “Iaós”. Vi è poi un’altra figura significativa nelle cerimonie religiose del Candomblé. Si tratta delle “Ekedés” che non sono iniziate. Sono delle ragazze che assistono le figlie di Santo, le accompagnano quando sono in trance e le aiutano quando rientrano vestite con gli indumenti della divinità che è scesa in loro. Hanno una notevole importanza per il buon svolgimento di una festa o di una cerimonia religiosa, con il ruolo di dame di compagnia o assistenti.
Accanto alla gerarchia religiosa vi è una organizzazione laica costituita da fedeli che si occupano delle questioni pratiche. Si tratta di persone intimamente legate al Candomblé e che godono quindi di grande stima e prestigio nell’ambito del Terreiro e agli occhi della sua massima autorità. Questa struttura assume anche una veste giuridico-civile, riconosciuta dal Comune di Bahia. Per la “Casa Branca” le funzioni pratiche e organizzative vengono svolte dalla “Sociedade Beneficientes São Jorge”. Per quella di Axé Opo Afonjá opera il “Centro Cruz Santa”. Queste Società sono strutturate con un Presidente e un Vice Presidente. Vi sono poi persone che hanno il titolo di Ogà e sono oggetto di viva attenzione, come lo sono quelle che hanno il titolo di Obà specialmente nel Terreiro di Axé Opo Afonjá. Esse godono di prestigio all’interno del Terreno e quando entrano nel Barracão anche se vi è in atto una cerimonia, i tamburi si fermano per dare alcuni colpi isolati come forma di rispetto.
Grandi personalità della scultura come Carybé, della letteratura come Jorge Amado hanno incarichi di rilievo nell’organizzazione laica. Dovendo le Mãe e i Pai preoccuparsi della complessa attività religiosa del Candomblé non potrebbero dedicarsi agli aspetti pratici della vita di una comunità religiosa.
Nel Candomblé la musica svolge un ruolo importante. Tre sono gli strumenti: tre grandi tamburi di dimensioni diverse, il maggiore chiamato “Rum” il medio “Rumpí” e il più piccole “Lê”. Altro strumento è l’“Agogò” composto da due campane di ferro, una maggiore dell’altra suonate battendovi dentro un’asticina di ferro. Vi è poi la “Adja”, una campana dal collo lungo che viene spesso utilizzata per accelerare la caduta nel trance delle figlie di Santos. L’“Alabè” è colui che dirige questa piccola orchestra in tutti i momenti del Candomblé. I canti sono delle preghiere alle varie divinità, agli Orixás per ringraziarli e invitarli a scendere sulla terra, per chiedere la loro benedizione. Canti che sono guidati dalla Mãe, dal Pae o dalla Mãe Pequena. La musica passa dalla calma dei riti di propiziazione (“il Despacho”) alla violenza degli appelli alle divinità dal temperamento forte.
Ogni suono ha un preciso riferimento liturgico e la musica svolge un ruolo centrale nella religiosità del Candomblé.
I cantici sono in lingua Yorubà. Non tutti coloro che li cantano capiscono il loro significato, ma questa è la lingua dei Candomblé. I cantici vengono trasmessi oralmente e vengono imparati a memoria. Lo Yorubà svolge la stessa funzione che per millenni ha avuto il latino nella Chiesa cattolica. Le preghiere in latino sono state imparate e ripetute nei secoli senza che la stragrande maggioranza dei fedeli ne comprendesse il significato.
Le feste o le cerimonie religiose nel Candomblé sono di una grande bellezza. Per la maggior parte sono aperte al pubblico: solo alcune parti sono riservate unicamente alle massime autorità religiose del Candomblé o ai fedeli più strettamente legati ai rituali.
La cerimonia religiosa o festa del Candomblé comincia generalmente quando sorge il sole con il sacrificio degli animali. La razza degli animali prescelti è legata alla divinità festeggiata: possono essere galli, capretti, a secondo della divinità alla quale è dedicata la festa.
La cerimonia è chiamata “Matança” ed ha un suo proprio sacerdote che può essere solo una persona strettamente legata al Terreiro. La “Matança”, il sacrificio dell’animale, si svolge presso l’Orixa festeggiato. Il sangue servirà per rinnovare i poteri della divinità e una parte della carne cotta verrà posta sull’altare della divinità. L’altra sarà servita, con altri cibi, durante la successiva cerimonia aperta ai fedeli e ai visitatori.
Nella tarda serata comincia uno dei momenti più belli della festa chiamato “Despacho de Exu”. Per la serenità, la concentrazione, l’atmosfera calma e pacata è uno dei momenti più belli delle cerimonie del Candomblé. Exu è il messaggero, l’intermediario tra gli uomini e le divinità: con le offerte bisogna fare in modo che egli abbandoni il Candomblé.
Per questo gli vengono dedicati i suoi cibi preferiti, la sua Cachaça affinché non turbi con il suo carattere turbolento lo svolgimento successivo della festa. Ecco perché i tamburi suonano con grande dolcezza, le figlie di Santo si curvano rispettosamente, la Mãe-de-Santo canta con grande lentezza e grande attenzione i cantici per Exu. Il canto si svolge nel Barracão quasi in penombra: c’è solamente una candela accesa nel mezzo della sala accanto ad una bottiglia di Cachaça. Exu è invitato ad allontanarsi per andare a chiamare le altre divinità. Così con il rito propiziatorio rivolto a Exu comincia la cerimonia del Candomblé. A questo punto prende il via la “Roda”: tutti gli iniziati, dalla Mãe di Santo alle figlie di Santo, si dispongono in circolo e cominciano a danzare al ritmo dei tamburi. Nel circolo danzante della “roda” si conferma il rispetto per la gerarchia: i primi posti sono occupati dalle cariche religiose più importanti del Candomblé. Man mano che la danza prende sempre più forza, la Mãe di Santo ritorna nel luogo del “Barracão” dove è il suo grande trono. Continuando a cantare, si danza tre volte per ogni Orixas cui si rende omaggio e nel contempo si chiede loro di venire. I tamburi suonano senza fermarsi. Tutti sono molto attenti, gli assistenti sono silenziosi e rispettosi. È un momento magico. I tamburi cominciano ad aumentare il loro ritmo e il volume fino al crescendo del “Adarrum”, il suono speciale che chiama con forza gli Orixás. Allora la prima figlia di Santo cade in trance, l’Orixá discende su di lei e così dopo di lei le altre. In linea generale, il primo Orixá ad impossessarsi di una figlia di Santo è quello a cui è dedicata la cerimonia. A questo punto, dopo che le figlie di Santo sono entrate in trance, le Ekedís le accompagnano fuori dal Barracão per condurle nelle “Camarinhas” (ovvero locali vicini). Quindi vi è una pausa e, mentre le figlie di Santo in trance sono all’interno delle camere per cambiarsi di abito, i partecipanti in genere usano questa pausa per mangiare cibo che può essere preparato in un altro locale o essere anche già disposto nel Barracão; si tratta di cibo logicamente legato ai gusti dei vari Orixás che come si sa hanno delle preferenze alimentari ben precise ognuno differente dagli altri. Terminato di vestirsi le figlie di Santo o meglio gli Orixás ritornano nella sala ognuna vestita con gli abiti, i colori, le collane, le insegne, gli strumenti, le armi del-l’Orixá che è entrato in loro, le assistenti, le Ekedís, sono in piedi e le assistono, spesso dei razzi vengono sparati in cielo come forma di riconoscenza per la grazia che hanno fatto le divinità Orixás di accogliere la chiamata, l’invito a discendere. La Mãe-de-Santo intona un canto speciale che è il saluto del Candomblé del Terreiro agli Orixás, da questo momento loro sono i padroni del Barracão; si canta in loro onore per tre o sette volte i cantici di ogni Orixá e questo per tutte le divinità.
La cerimonia termina dopo che tutti gli Orixás sono stati omaggiati e l’inno della casa è stato cantato e suonato da tutti i partecipanti.
Una cerimonia del Candomblé ha orari molto incerti. Anche se vi diranno un’ora di inizio sappiate che può cominciare con mezz’ora o un’ora di ritardo. La stessa durata è molto incerta: di solito due, tre ore, ma può anche continuare per diverse ore. E non sono rari i Candomblé che terminano alle prime ore dell’alba.
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