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Storia di una piazza
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Il Pelourinho da solo basterebbe a rendere grande una città o un paese. Propriamente il Pelourinho è una piazza ma ormai con questa parola si intende il centro storico, ovvero quella parte della città abitata fin dalla sua nascita e che ne è stato il cuore per diversi secoli.
Il suo nome viene da una lunga storia. I portoghesi in tutte le località dove avevano schiavi, avevano un luogo con un palo, in portoghese Pelourinho, dove agli schiavi negri rei di trasgressione o di delitti gravi, venivano inflitte dure punizioni (principalmente frustate) o anche la morte. Ad esempio, nell’antica capitale della colonia portoghese di Capo Verde, Cidade Velha, c’è un luogo con un palo chiamato Pelourinho un tempo adibito a questa funzione. A Bahia naturalmente i portoghesi introdussero fin dalla nascita della città questa consuetudine per mettere paura alla grande massa di negri che li circondava e rassicurare i bianchi che gli schiavi erano severamente puniti per le loro mancanze. Varie furono le sedi del Palo-Pelourinho: prima di fronte al palazzo del comune (Prefeitura), poi fu portato nel Terreiro de Jesus, ma le grida di dolore disturbavano la vita dei gesuiti, che nella piazza avevano un loro convento. E, si sa, i gesuiti erano potenti. Quindi ci fu un altro trasferimento. L’ultima sede fu in piazza Alencar che d’allora fu conosciuta come “Largo do Pelourinho”. Nel 1835 per decisione del Comune la punizione fu abolita rimanendo pur tuttavia sempre viva la memoria del sangue versato sul selciato di questa piazza da migliaia di schiavi negri. Bahia, non solo durante il periodo in cui fu capitale della colonia portoghese del Brasile, ma anche dopo, eresse in questo quartiere splendide chiese, magnifici edifici per uso religioso e civile, meravigliose dimore di quelle classi alte e nobili che traevano grandi ricchezze dalle attività zuccheriere, dall’estrazione dell’oro e delle pietre preziose e dal commercio navale con tutto il mondo. Nacque così un complesso architettonico urbanistico di stile barocco coloniale che è il più grande delle Americhe e che l’Unesco, nel dicembre del 1985, dichiarò “Bene del Patrimonio Culturale dell’Umanità”. Ma se l’organismo culturale dell’ONU sanzionò con il suo atto il grande valore storico e culturale del quartiere, nella realtà l’abbandono di questa area raggiunse il limite del rischio di una vera e propria scomparsa. Infatti, le vicende della storia, con il decadimento economico del Nord-Est e di Bahia, avevano lentamente mutato la situazione sociale ed economica della città. Dalla fine del secolo XIX le classi abbienti cominciarono a trasferirsi in altri quartieri, ad esempio in quello di Vittoria.
Questo processo produsse un degrado costante e crescente, fenomeno che quasi si ufficializzò quando, intorno agli anni Trenta, le stesse autorità di polizia favorirono la destinazione della zona alla prostituzione, al fine di meglio controllarla. Così agli inizi degli anni Novanta il centro storico di Bahia, nonostante la presenza di alcuni beni artistici di grandissimo valore, era abitato da poche centinaia di persone, pochi artigiani, molte prostitute, giocatori d’azzardo, piccoli criminali e gente poverissima. Il quartiere era infrequentabile dopo le sei di sera. I rari turisti si aggiravano frettolosi, impauriti e guardinghi in mezzo a cumuli di immondizie e di calcinacci di edifici caduti in rovina. Ogni anno circa trenta edifici cadevano senza che nessuno facesse niente per arrestare la scomparsa di questa stupenda bellezza.
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