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Canudos e Antonio Conselheiro
Il giornale più diffuso di Bahia, “A Tarde”, nel fare un consuntivo delle numerose manifestazioni svoltesi in occasione del centenario della guerra “de Canudos” (1896-97) ha scritto che questa vicenda è l’episodio più crudele, triste e sanguinario della storia del Brasile. Non vi è nessun altro momento storico che abbia prodotto tanti saggi, ricerche, e celebrazioni. Si parte dal quadro che ne dà un grande scrittore brasiliano, allora inviato speciale di un giornale di São Paulo, Euclides da Cunha con il suo libro “Os Sertões” e si arriva al recente film “Os Canudos”, dove viene portato sullo schermo il più grande massacro della storia del Brasile.
Tutto si svolge nel Sertão baiano ai confini con lo Stato del Sergipe. Verso la fine del secolo vi era stato un aggravarsi delle condizioni di povertà e di sfruttamento da parte dei latifondisti a causa della siccità e di una diminuzione della popolazione che si era trasferita in Amazzonia per la raccolta della gomma. Da sempre la fuga dalla fame era rappresentata nel Sertão dal mestiere di Jagunço (pr. giagunso), un misto tra il bravo e il guardiaspalle del fazendeiro, oppure si poteva fare il ribelle-bandito Cangaceiro. Un’altra scelta era quella di unirsi ad uno dei tanti gruppi mistici e messianici che percorrevano periodicamente il Sertão promettendo la salvezza dell’anima. È così che iniziò la vicenda di Antonio Vicente Mendes Maciel, detto Antonio Conselheiro, nato nello Stato del Ceará. Dopo aver esercitato varie professioni, aver avuto qualche problema con la giustizia per via di un’accusa di omicidio, cominciò a percorrere il Sertão e a predicare dedicandosi al restauro di chiese e cimiteri in rovina, cosa che gli fa avere, in quegli anni, un buon rapporto con la Chiesa ufficiale.
Nel 1893 si stabilisce a Canudos, vicino al fiume Vaza-Barris, non lontano dallo Stato del Sergipe, creando una piccola comunità-villaggio. Ben presto accorrono da tutte le parti contadini affamati e mandriani in fuga da una vita di terribile sfruttamento, ex jagunço ed ex cangaçieros che cercano nella promessa di salvezza di Antonio Conselheiro il pentimento delle loro vite di sangue. Nella comunità la proprietà e i beni sono divisi fra tutti così come lo sono i prodotti dell’agricoltura. Sono consentiti come proprietà privata solo i beni di uso personale. La comunità di “Bom Jesus de Belo Monte”, come viene chiamata dagli abitanti, cresce rapidamente forse fino ad arrivare ad avere una popolazione di 20.000 persone, un numero notevole per quei tempi.
Purtroppo Antonio Conselheiro predica non solo la salvezza delle anime ma parla anche contro la neonata Repubblica, contro la registrazione all’Anagrafe dei neonati, contro il matrimonio civile e arriva a bruciare in pubblico editti che stabiliscono nuove tasse ed imposte. È questo atto che provoca la prima azione di polizia contro di lui. I poliziotti ritornando sconfitti dalla spedizione diffondono notizie e racconti sulla comunità che gettano nel panico le autorità baiane e della Repubblica che era nata solo nel 1889 abbattendo l’imperatore Dom Pedro II. Per i repubblicani la comunità non fu più un gruppo religioso dedito alla pratica di un cristianesimo rigido e primitivo con la comunione dei beni, ma bensì una pericolosa concentrazione di monarchici e di fautori della restaurazione di Dom Pedro II.
Il governo di Bahia e quello di Rio de Janeiro decisero così la distruzione dei Canudos. L’episodio più importante di questa prima fase di scontri fu quando i cento uomini al comando del tenente Ferreira furono accolti da migliaia di Canudos in processione e preghiera nella cittadina di Uauá in chiaro segno di pace ed amicizia. Ferreira invece aprì subito il fuoco sui Canudos che, pur sorpresi, reagirono con le armi di cui disponevano: coltelli, bastoni e arnesi da lavoro dei campi. Dopo cinque ore di lotta i Canudos si ritirarono lasciando molti morti da entrambe le parti, ma soprattutto, avendo gettato nel terrore le truppe governative.
La seconda spedizione, comandata dal colonnello De Brito e forte di 600 uomini, ebbe un destino diverso. Dopo averli fatti avvicinare a Belo Monte, gli ex jagunço e gli ex cangaceiro che, dopo essersi pentiti, facevano parte della comunità religiosa, scatenarono la guerriglia in un territorio che conoscevano perfettamente, a differenza dei soldati. Il caldo terribile aggravava la situazione dei militari. In poco tempo fu la sconfitta e i reduci non lesinarono racconti sulla pericolosità dei fanatici religiosi.
Nelle vie di Rio de Janeiro, la capitale della giovane Repubblica, si ebbero manifestazioni che chiedevano la punizione dei fanatici assassini. Rapidamente fu organizzata una terza spedizione con 600 uomini, cannoni e ogni tipo di attrezzatura logistica e militare. Il tutto al comando del colonnello Moreira Cesar, un militare duro e fedelissimo alla Repubblica. Ma anche lui subì la sconfitta impostagli da uomini che combattevano fortemente motivati da valori religiosi e dallo spirito di sopravvivenza. Tutti gli ufficiali di quella terza spedizione morirono. Il che scatenò a Rio il panico. L’opposizione attaccò il governo accusandolo di debolezza; i giornali parlarono della esistenza di un complotto monarchico per restaurare l’impero. Lo stesso governatore, che pure aveva sempre chiesto la distruzione dei sediziosi Canudos, fu sospettato di complicità.
A questo punto il Presidente del Brasile, Prudente de Morais, diede ordine al ministro della Guerra di andare personalmente a Bahia. Partì una fortissima spedizione militare con circa 10.000 uomini, grandi cannoni e ogni tipo di appoggio logistico. Circondarono a Belo Monte i Canudos di Antonio Conselheiro incontrando una fortissima resistenza per mesi.
La fine la racconta un giornalista d’eccezione: Euclide da Cuniha nel suo romanzo “Os Sertões”. «Canudos non si arrende. Esempio unico in tutta la storia resistette fino alla distruzione totale. Espugnato palmo a palmo nel senso letterale della parola, cadde al tramonto del 5 ottobre quando morirono i suoi ultimi difensori. Erano quattro, due uomini maturi, un bambino e un vecchio contro i quali ruggivano rabbiosamente 5.000 soldati».
Antonio Conselheiro non assistette al massacro, dopo giorni e giorni di digiuno si era spento serenamente tra le braccia dei suoi fedeli. Per chi volesse visitare i luoghi, il governo di Bahia ha creato il Parque Estadual de Canudos. Il grande scrittore peruviano Mario Vargas Llosa ha scritto sulla vicenda un magnifico romanzo: “A Guerra do Fim do Mundo”.

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